TRAMA
Sei sconosciuti provenienti da paesi diversi e vinti da delusioni, dolori e tradimenti che li motivano a compiere una fuga dalle loro vite, si ritrovano sullo stesso volo diretto in Oriente che precipita nel cuore dell’Oceano Indiano. I sei naufragano su un’isola remota. Da quel momento lottano per sopravvivere affidandosi unicamente alle proprie forze. Emergono le loro capacità, debolezze e istinti, insieme al vissuto che ognuno si porta dentro e che condiziona le loro azioni, fino a offuscare il confine tra il bene e il male. Alcuni più di altri sono vinti dalle proprie pulsioni, come il più aggressivo di loro che più volte usa violenza sulla donna, inducendola a fuggire nella giungla. Qui lei assiste a un fatto terribile: vede un selvaggio affiggere la testa recisa di un uomo sul ramo di un albero. Turbata decide di tornare indietro dai compagni, rivelando il macabro episodio. Scoprono di non essere soli e quell’evento fa loro pensare di trovarsi di fronte a una tribù di cannibali. In realtà l’orrore che si cela nascosto su quell’isola è ben altro. Quegli indigeni infatti, chiamati Korowataj, spettri, si rivelano invece pacifici e capaci di comunicare attraverso i sogni, ma sottomessi a degli esseri oscuri da loro chiamati maduk, considerati demoni che vivono nelle viscere della terra ai quali offrono sacrifici umani. Quale mistero nascondono? I sei protagonisti dovranno combattere per salvarsi la vita verso questi esseri che si riveleranno solo alla fine degli uomini bianchi, giunti sull’isola dal passato. Non tutti i sei naufraghi faranno ritorno a casa. Chi di loro lo farà, vedrò un riscatto alla sua vita. Orrore e coraggio, vita e morte si miscelano con l’amore e la passione, sentimenti che man mano coinvolgono i protagonisti in un intenso rapporto che li lega fino alla fine. Un romanzo appassionante dall’inizio all’epilogo, che pagina dopo pagina sedurrà il lettore.
BREVE ESTRATTO:
“Non le restavano che quelle mura di canne e legni intrecciati a dividerla dal prepotente mondo maschile. Fragili pareti che non l’avrebbero difesa dai loro impeti. Chi prima chi dopo avrebbe violato il suo frutto proibito, lo temeva, perché lì tutto apparteneva alla natura e a lei doveva tornare.
Avril fissava il tetto di foglie sopra la testa prestando attenzione ai respiri degli altri cinque sopravvissuti. Ciascuno emetteva un suono differente, si muoveva in modo diverso nel proprio giaciglio. Sarebbe riuscita ad amare nel tempo qualcosa di ognuno di loro? Non poteva saperlo e in quel momento non lo prese nemmeno in considerazione. Il sonno faticava ad arrivare e una certa irrequietezza affiorava manovrata dalle ansie, poi la decisione: fuggire.
Non c’era il tempo di soppesare con cura i pro e i contro. Più a lungo avesse indugiato e meno avrebbe trovato il coraggio. Si alzò piano per non fare rumore. Il pavimento di sabbia attutì i suoi passi. All’ingresso del capanno il falò non era ormai che un letto di braci ammiccanti e protetta dall’oscurità, sotto la pelle nera della notte, Avril si diresse furtiva verso la foresta.
Il buio ammantava la vegetazione disegnando sagome nere che si perdevano all’infinito. Mentre camminava talvolta incespicava in qualche radice o liana che calava da un albero come un serpente pigro, e la paura si rafforzava nutrendo i suoi incubi. Con la notte arrivavano le ombre e i demoni visti da Maurice. Si fermò, prese fiato e poi proseguì cercando di non allontanarsi dalla costa. Il rumore del mare si era spento e senza il suo suono ritmato temeva di perdersi, ma decise di avanzare comunque.”
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